Lo scopo della comunicazione è comunicare, e comunicare possibilmente in modo chiaro ed efficace. Per chi si occupa del settore, quindi, l'obiettivo dovrebbe essere lo stesso: sfruttare al meglio il tempo e le risorse (di energia ed economiche) per raggiungere il maggior numero di interlocutori e, soprattutto, convincere della bontà di ciò che si va in giro comunicando per il mondo.
Quando poi sono tanti uomini e donne di comunicazione ad incontrarsi e a comunicare (scusate la ridondanza), sarebbe auspicabile che il semplice principio sopra enunciato venga addirittura sublimato, ça va sans dire. Ecco, abbiamo usato volutamente il condizionale. Ciò che sempre più spesso riscontriamo - prevalentemente in Italia - partecipando ad eventi di comunicazione e marketing da utenti e da soggetti promotori, è che il tempo e le risorse spese in questo tipo di eventi sono troppe e mal impiegate.
Punto primo: i costi. Prendere parte ad eventi (workshop, fiere, meeting e chi più ne ha più ne metta) dedicati al settore ampio e variopinto della comunicazione (che spazia dal web 2.0 al marketing, dalla comunicazione no profit alla web tv e chi più ne ha più ne metta) è costoso, spesso ai limiti dell'inaccessibile. Soprattutto per quelle realtà medio piccole che costellano il mercato e che lo fanno marciare a forte velocità, soprattutto in un momento di crisi in cui è richiesta snellezza e flessibilità.
Punto secondo: i tempi. Iter organizzativi mastodontici, burocrazia infinita, step su step di approvazione/decisione/valutazione/decisione... E poi una durata eccessiva degli eventi stessi, spesso splittati su due o più giorni, con interventi lunghissimi, capaci di sfidare il livello di attenzione degli utenti più allenati.
Punto terzo: i temi. L'impressione che spesso rimane uscendo da una giornata trascorsa a discutere di COMUNICAZIONE (nel senso più ampio del termine) è che ci si è parlati un po' troppo addosso, senza aver poi detto nulla di troppo sensato. O meglio, i concetti cardine che potrebbero assolutamente rivelarsi interessanti si perdono in un mare magnum di parole che ne inficia l'efficacia.
Insomma, un quadro abbastanza desolante. Soprattutto perchè basta alzare il naso e gettare lo sguardo oltre confine per scoprire che esistono dei format molto snelli ed efficienti che sembrano davvero funzionare e che, a detta di chi ha partecipato, hanno prodotto dei risultati significativi in termini di ritorno d'immagine e di contatti reali (che sono l'obiettivo vero per tutti quelli che partecipano a questo tipo di eventi).
Un esempio? Il prossimo 12 novembre a Londra si parla di
Social Media. Ci si aspetterebbe un programma di pagine e pagine, un calendario di giorni e giorni, ed invece è tutto qui:
Programme
2pm – 4pm : Social Media Marketing
2pm – 2:15pm: Introduction – what is social media marketing & how do you ‘do’ it
2:15pm – 3:45pm: 6 case studies (10 minutes each + 5 min questions)
3:45 – 4pm: sum up – why social media marketing more like a conversation (talk & listen & talk …) than broadcast mediawhat is the interplay between social media marketing & montioring – cause & effect
4pm – 4:30pm : Break and Networking
4:30pm – 6pm : Social Media Engagement & Monitoring
4:30pm – 4:40pm: intro – what is social media engagement & monitoring & how do you ‘do’ it
4:40pm – 6pm: ‘Case studies’ (7.5 min) and social media monitoring tools demo presentations (5 min)
6pm : Demos, Networking & Drinks Reception
Ci si incontra, si ascoltano brevissimi interventi (altamente focalizzati e per questo molto interessanti), si pongono domande ben mirate, si scambiano le impressioni davanti ad un bicchiere di vino o ad una tazza di the e si torna a casa a ragionare un po', possibilmente con qualche contatto valido in tasca.
Le chiamano conversations. Possiamo assicurare che si tratta di una formula vincente. Sarebbe utile che, una volta tanto, la nota italica esterofilia, portasse reali ventate di novità.